Elenco Paradisi Fiscali. Cos’è la Black List?

Grazie alla lotta dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione Economica Europea) all’evasione e all’elusione fiscale internazionale è possibile riconoscere quali sono i Paradisi Fiscali. Questi Paesi sono raggruppati nell’elenco comunitario emesso dall’Unione Europea.

L’elenco dei Paesi Black List viene regolarmente aggiornato, anche se l’ultimo risale a novembre 2019.

Dal 2017, in Italia, non c’è più l’obbligo di comunicazione all’Agenzia delle Entrate per quanto riguarda le operazioni con i Paesi presenti nella lista nera.

In questo articolo scopriremo l’elenco dei Paradisi Fiscali.

Ma quali sono i Paesi Black List? Cos’è la Black List?

Cos’è l’elenco Black List?

Prima di scoprire l’elenco Black List è bene capire cos’è e perché è così importante per l’Unione Europea.

I paradisi fiscali sono gli Stati a fiscalità agevolata e ciò sta a significare che le tasse previste sono molto basse e oltretutto non hanno approvato il sistema di scambio dei dati fiscali con le altre Nazioni.

I Paradisi Fiscali per l’Unione Europea

L’Unione Europea emise la prima lista nera nel 2017, qui sono raggruppati tutti i Paesi non cooperativi a fini fiscali.

Dopo un’attenta e accurata valutazione dei ministri delle finanze dell’UE, guidato dalla Commissione, viene costantemente aggiornato ed emesso un nuovo elenco UE delle giurisdizioni fiscali non collaborative.

Come riportato sul sito ufficiale dell’Unione Europea, ad essere valutati sono stati 92 Paesi. L’analisi fondamentalmente si basa su tre principi che sono: “trasparenza fiscale, buona governance e attività economica reale, nonché un indicatore, l’esistenza di un’aliquota dell’imposta sulle società pari a zero“.

Successivamente vedremo la lista aggiornata dei Paradisi Fiscali per l’Unione Europea.

Questo elenco è molto importante perché diversi Paesi che si sono trovati nella black list hanno deciso poi di adeguarsi alle norme internazionali cambiando i propri sistemi fiscali e la propria legislazione.

Lista nera dei Paesi non cooperativi per l’Unione Europea

  • Samoa americane
  • Guam
  • Samoa
  • Trinidad e Tobago
  • Isole Vergini degli Stati Uniti
  • Barbados
  • Emirati Arabi Uniti
  • Isole Marshall
  • Aruba
  • Belize
  • Bermuda
  • Figi
  • Oman
  • Vanuatu
  • Dominica

Dal 2017 al 2019 i ministri hanno valutato quali Paesi si sono impegnati a rispettare le norme stabilite dall’Unione Europea. Alcuni sono passati dalla lista grigia a quella nera e viceversa. Fatto sta che i Paesi sono continuamente monitorati.

Elenco Paesi Grey List dell’Italia

In base all’articolo 2 del DM del 23 gennaio 2002, ci sono altri Paesi per i quali sono escluse determinate attività. In questo caso si parla di Grey List.

I Paesi in questione sono:

  • Angola: con riferimento alle società petrolifere che hanno ottenuto l’esenzione dall’Oil Income Tax, alle società che godono di esenzioni o riduzioni d’imposta in settori fondamentali dell’economia angolana e per gli investimenti previsti dal Foreign Investment Code;
  • Antigua: con riferimento alle international business companies, esercenti le loro attività al di fuori del territorio di Antigua, quali quelle di cui all’International Business Corporation Act, n. 28 del 1982 e successive modifiche e integrazioni, nonché con riferimento alle società che producono prodotti autorizzati, quali quelli di cui alla locale legge n. 18 del 1975 e successive modifiche e integrazioni;
  • Costarica: con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, nonché con riferimento alle società esercenti attività ad alta tecnologia;
  • Dominica:  con riferimento alle international companies esercenti l’attività all’estero;
  • Ecuador: con riferimento alle società operanti nelle Free Trade Zones che beneficiano dell’esenzione dalle imposte sui redditi;
  • Giamaica: con riferimento alle società di produzione per l’esportazione che usufruiscono dei benefici fiscali dell’Export Industry Encourage Act e alle società localizzate nei territori individuati dal Jamaica Export Free Zone Act;
  • Kenia: con riferimento alle società insediate nelle Export Processing Zones;
  • Mauritius: con riferimento alle società “certificate” che si occupano di servizi all’export, espansione industriale, gestione turistica, costruzioni industriali e cliniche e che sono soggette a Corporate Tax in misura ridotta, alle Off-shore Companies e alle International Companies;
  • Panama: con riferimento alle società i cui proventi affluiscono da fonti estere, secondo la legislazione di Panama, alle società situate nella Colon Free Zone e alle società operanti nelle Export Processing Zones;
  • Portorico: con riferimento alle società esercenti attività bancarie ed alle società previste dal Puerto Rico Tax Incentives Act del 1988 o dal Puerto Rico Tourist Development Act del 1993;
  • Svizzera: con riferimento alle società non soggette alle imposte cantonali e municipali, quali le società holding, ausiliarie e “di domicilio”;
  • Uruguay: con riferimento alle società esercenti attività bancarie e alle holding che esercitano esclusivamente attività off-shore”.

Perché è così importante l’elenco UE Paradisi Fiscali?

L’elenco UE delle giurisdizioni non cooperative non riguarda solo l’Europa, ma apporta delle novità nelle pratiche fiscali a livello mondiale.

Tutto è nato da un progetto della Commissione che è poi stato approvato nel 2017 dagli Stati membri dell’Unione Europea.

La black list è stato un modo per far fronte comune in relazione ai rischi di abuso fiscale da parte di tutti i Paesi a livello mondiale.

Contemporaneamente vengono comunicati anche i Paesi che si sono impegnati a rispettare le regole decise dall’UE. 

Questo è stato un modo per creare e mantenere un dialogo aperto con i partner internazionali dell’UE riguardo i loro sistemi fiscali e gli interessi reciproci.

A cosa serve la lista dei Paradisi Fiscali dell’Unione Europea?

La Commissione Europea nei confronti dei Paesi che fanno parte della lista nera non ha nessun potere, non può porre regole.

Perciò le società e i privati che hanno a che fare con i paradisi fiscali non rischiano nessun tipo di sanzione a livello europeo.

Ma cosa accade ai Paesi che fanno parte della black list? L’Unione Europea gli concede solo aiuti allo sviluppo.

Inoltre per contrastare i paradisi fiscali, la Commissione Europea, invita i singoli Stati, in caso di necessità, a porre delle sanzioni sempre più rigorose.

Agenzia delle Entrate

Prima del 2017 chi effettuava operazioni con operatori economici con sede, residenza o domicilio in uno dei Paesi presenti nella lista nera era tenuto a comunicarlo all’Agenzia delle Entrate.

Ma come ora ben sappiamo, dal 2017 con l’articolo 4, comma 4 del decreto legge del 22/10/2016 n. 193 non c’è più nessun tipo di obbligo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

La Black List dell’Agenzia delle Entrate rimane comunque ufficialmente in vigore, anche se non ha più validità.

Attualmente tutti i Paesi a livello mondiale sono soggetti a normale tassazione.

Esiste anche una White List?

Si è proprio così, a contrastare la Black List c’è la White List. Ma cos’è?

Si tratta di tutti quei Paesi,  individuati con il Decreto ministeriale del 17 gennaio 2017, che sono pienamente d’accordo con i suddetti standard di trasparenza globale. Perciò sono favorevoli allo scambio automatico obbligatorio di informazioni fiscali.

Elenco Paesi white list sono:

  • Albania
  • Andorra
  • Antigua e Barbuda
  • Argentina
  • Aruba
  • Australia
  • Austria
  • Barbados
  • Belgio
  • Belize
  • Brasile
  • Bulgaria
  • Canada
  • Cile
  • Cipro
  • Colombia
  • Corea
  • Croazia
  • Costa Rica
  • Curacao
  • Danimarca
  • Estonia
  • Federazione Russa
  • Finlandia
  • Francia
  • Germania
  • Giappone
  • Gibilterra
  • Grecia
  • Grenada
  • Groenlandia
  • Guernsey
  • India
  • Indonesia
  • Irlanda
  • Islanda
  • Isola di Man
  • Isole Cook
  • Isola Faroe
  • Isole Marshall
  • Israele
  • Kuwait
  • Latvia
  • Liechtenstein
  • Lituania
  • Lussemburgo
  • Malesia
  • Malta
  • Mauritius
  • Messico
  • Monaco
  • Montserrat
  • Niue
  • Norvegia
  • Nuova Zelanda
  • Paesi Bassi
  • Polonia
  • Portogallo
  • Regno Unito
  • Repubblica Ceca
  • Cina (Rep. Popolare)
  • Repubblica Slovacca
  • Romania
  • San Marino
  • Saint Kitts e Nevis
  • Santa Lucia
  • Saint Vincent e Grenadines
  • Samoa
  • Seychelles
  • Singapore
  • Sint Maarten
  • Slovenia
  • Sud Africa
  • Spagna
  • Svizzera
  • Svezia
  • Ungheria
  • Uruguay

Conclusioni

Lo scopo della Commissione Europea è quella di contenere la pianificazione fiscale aggressiva.

Da come si legge da un loro comunicato emesso nel 2017:

La pianificazione fiscale aggressiva (Aggressive tax planning, ATP) consiste nella riduzione, da parte dei contribuenti, del loro debito d’imposta mediante operazioni che, sebbene possano essere lecite, sono in contrasto con lo scopo della norma. La pianificazione fiscale aggressiva prevede lo sfruttamento delle lacune esistenti in un sistema fiscale e dei disallineamenti tra sistemi fiscali. Può inoltre dare luogo alla doppia non imposizione o a doppie deduzioni. Combattere la pianificazione fiscale aggressiva è fondamentale per garantire entrate fiscali a favore degli investimenti pubblici, dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria e della protezione sociale, per assicurare un’equa ripartizione degli oneri e preservare la fiducia dei contribuenti e, infine, per evitare la distorsione della concorrenza tra imprese. L’UE ha adottato varie misure per combattere la pianificazione fiscale aggressiva, tra cui la direttiva antielusione (Anti-Tax Avoidance Directive, ATAD) e l’ATAD 2, che enuncia misure volte a contrastare i disallineamenti da ibridi1 in relazione ai paesi extra UE“.

Abbiamo visto che con il passare del tempo l’amministrazione finanziaria è riuscita ad ottenere sempre più informazioni in modo tale da riuscire ad individuare tutte le movimentazioni finanziarie dei contribuenti. Gli Stati stanno instaurando relazioni sempre più strette.

Chiunque fosse interessato a mettere in pratica le normali politiche che riguardano il risparmio fiscale legittimo e la protezione del proprio patrimonio è bene che si affidino a professionisti del settore che possono aiutare a svolgere in modo corretto l’attività diTax Planning internazionale.

Da soli si rischierebbe di calcolare in modo errato sia i costi e i benefici di ogni operazione internazionale.

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